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L'odio - La Haine

di Mathieu Kassovitz — Francia, 1995, 98'
con Vincent Cassel, Hubert Koundé, Saïd Taghmaoui, Benoît Magimel, Vincent Lindon
proiezione in francese con sottotitoli in italiano

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Ventiquattr'ore nella vita di Vinz, Hubert e Saïd, tre amici della banlieue parigina all’indomani degli scontri tra forze dell’ordine e civili dopo i quali un ragazzo del quartiere, Abdel, si ritrova in fin di vita a causa dei soprusi violenti della polizia. I tre, carichi di rabbia e con una pistola tra le mani, meditano su come avere giustizia.

L’opera seconda di Mathieu Kassovitz non si ferma al reportage e al pietismo, tutto il contrario. L’ODIO crea un mondo nuovo, trasformando la realtà in una fiaba urbana in grado di cogliere l’energia di ogni singolo istante fino a renderlo universale, in un susseguirsi di idee continue e di narrazione che rinascono a ogni scena.
Ci sono il primo Spike Lee e Scorsese, il cinema classico con la sua eleganza e quello indipendente con la sua urgenza, ma soprattutto la capacità di tramutare l’essenziale in una sorta di realismo magico.
Ne L’ODIO stile e realtà, estetica ed empatia, lucidità e rancore s’appartengono a vicenda perché, se è vero che i suoi personaggi sono destinati al peggiore atterraggio, a ogni singolo piano è un momento a cui voler tornare.
Difatti L’ODIO per primo racconta il suburbano delle grandi città senza il peso della morale né l’aridità della mera denuncia, arrivando a divincolarsi in modo stupefacente anche dai canoni dell’esaltazione del tragico alla Scarface. Vinz è la furia, Hubert la lucidità, Saïd la beffa, e il loro racconto è una via crucis dove il connubio tra grottesco e cronaca crea una nuova, irripetuta, dimensione di vitalità fatta di forza visiva, di tumulto, di cinema puro.
Quello il cui sapore è di tutti e per tutti, in grado al contempo di trasportare altrove e di mettere quella pistola trafugata in mano a ogni spettatore.

Premio per la miglior regia al Festival di Cannes nel 1995. VM14